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Per comprendere meglio le tante sfaccettature delle coste e delle profondità del mare, l’uomo si è sempre servito, sin dai tempi antichi, di mappe!

L’INGV possiede una collezione di volumi sulla Storia dell’Oceanografia. In particolare si tratta di 214 volumi di oceanografia storica datati tra il 1494 e il 1799. Le opere trattano tutte di oceanografia, anche se questo termine, che deriva dal greco scrivere sull’oceano, è una scienza relativamente recente. Infatti, il termine venne usato per la prima volta nel 1857 dallo scienziato ceco Von Jilek, al quale fu commissionata un’opera (Handbuch del Oceanographie) per istruire i cadetti al servizio della Marina Reale su questa nuova scienza emergente. Nel 2018 i volumi sono stati dichiarati di eccezionale valore culturale dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Liguria e grazie a questo nel 2019 sono stati catalogati ed interamente inseriti Servizio Bibliotecario Nazionale (https://www.iccu.sbn.it/it/SBN/index.html).

Le opere trattano e illustrano argomenti di carattere scientifico: dal fenomeno delle maree alle prime rappresentazioni della corrente del Golfo, alla formazione di coralli, che risalgono dal periodo greco romano alla fine del XVIII secolo. Le informazioni sono descritte grazie all’ausilio di immagini, xilografie, tabelle e mappe.

Bussole, mappe sempre più dettagliate ed elenchi precisi dei porti segnano un passaggio fondamentale per le esplorazioni oceanografiche.

Gli antichi disegnavano la forma delle coste e questo era utile per navigare di porto in porto. Questa mappa si chiamava Carta-portolano! In particolare, la sua nascita è correlata all’espansione marittima delle Repubbliche Marinare e la loro funzione principale era quella di essere di ausilio alla navigazione.

Le mappe-portolano, possono però contenere anche informazioni interessanti riconducibili addirittura ai cambiamenti climatici. Scopriamo insieme che cosa sono queste mappe e cosa rappresentano!

 I Portolani: guide per i naviganti e per gli avventurieri!

L’invenzione della carta-portolano si collocava al termine delle ricerche astronomiche e matematiche della scienza araba ed occidentale. Le più antiche carte-portolano riguardavano il Mediterraneo, come la Carta Pisana, risalente a circa il 1275, o come quella contenuta, ad esempio, in Nautica Mediterranea del 1607 di Bartolomeo Crescenzio.

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Frontespizio del volume Nautica Mediterranea (1607) di Bartolomeo Crescenzio

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Mappa Portolano del Mediterraneo contenuta nel volume Nautica Mediterranea (1607) di Bartolomeo Crescenzio

Mentre più tardi, verso la fine del Quattrocento, cominciarono a comparire alcuni cenni relativi alla costa atlantica dell’Europa e poi dell’America settentrionale, come la mappa dell’Oceano Atlantico contenuta nell’Arte del Navegar  del 1554 di Pedro De Medina.

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Estratto del volume L’Arte del Navegar (1554) di Pedro de Medina

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Mappa dell’Oceano Atalntico contenuta nel volume L’Arte del Navegar  (1554) di Pedro de Medina

Il termine Portolano derivava dal latino “portus” e denotava il manuale per la navigazione costiera: una raccolta di istruzioni nautiche scritte. Per estensione il termine indicava, in origine, anche la carta che veniva allegata alla raccolta, una sorta di registro dei porti ordinati lungo le coste ed individuati con direzioni e distanze, o in alcuni casi con la segnalazione dei punti di riferimento di acqua dolce.

Le carte-portolano delineavano, quindi, il profilo della costa, segnalando le zone portuali, per quanto possibile, sul lato “terrestre”, in modo da lasciare libera l’area del mare per fare posto ad un’altra serie di indicazioni tipica dei portolani, quella delle rotte lossodromiche, una rete di linee sottili che si irradiavano da una serie di rose dei venti dando i punti cardinali a mano a mano che questi venivano uniformati. Ciò permetteva di calcolare approssimativamente l’itinerario da un luogo all’altro, tracciando la propria rotta da una rosa dei venti a quella successiva. Non c’era una esattezza assoluta in queste prime carte nautiche, ma l’intento era quello di offrire la rappresentazione schematica di un percorso.

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Estratto del volume L’Arte del Navegar (1554) di Pedro de Medina

I portolani servivano ad avere utili informazioni per tracciare le rotte delle navi e quindi erano un ausilio alla navigazione.

Proprio attraverso lo studio delle rotte delle navi ed in particolare attraverso l’elaborazione dei dati provenienti dall'esperienza diretta dei balenieri, Jonathan William, nipote di Benjamin Franklin, scrisse Thermometrical navigation (1799), che è il primo libro americano che studia la Corrente del Golfo. Il volume contiene la preziosa mappa che rappresenta il flusso della Corrente del Golfo e le rotte di alcune navi che avevano percorso itinerari sperimentali tra l’America e l’Europa. Il testo contiene anche le teorie di Franklin attraverso un estratto del suo manoscritto Maritime observations relative to the Gulf Stream (1785).

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Frontespizio del volume Thermometrical navigation (1799) di Jonathan William

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Mappa della Corrente del Golfo contenuta nel volume

Precedentemente Kircher, nel suo meraviglioso testo Mundus Subterraneus (1665), affronta una grandissima varietà di problemi inerenti il mondo sotterraneo, dal fenomeno dei terremoti alla forza di gravità, dalla idrografia alla mineralogia, ecc il tutto con un approccio eminentemente fisico. Notevole è la Tabula Geographico Hydrographica che rappresenta il primo mappamondo idrografico con segnalazione delle correnti, compresa quella del Golfo, vengono inoltre descritti con precisione un correntometro e un mareografo estremamente avanzati per quell'epoca.

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Estratto del volume Mundus Subterraneus (1665) di Athanasius Kircher

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Mappa idrografica contenuta nel volume Mundus Subterraneus (1665) di Athanasius Kircher


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