Le variazioni rapide del campo magnetico terrestre sono principalmente dovute a fattori esterni alla Terra ed essenzialmente legate all’attività solare. Il Sole, infatti, è un fattore determinante per l’interpretazione sia dei fenomeni regolari (come ad esempio la variazione diurna) che di quelli irregolari che caratterizzano le variazioni magnetiche. L’emissione di radiazione solare viene accompagnata dalla continua emissione di un gas ionizzato, detto vento solare, che costituisce l’espansione della corona solare. Il nostro pianeta, come tutto il sistema solare, viene investito da questo vento il cui effetto principale è di confinare il campo geomagnetico in una cavità a forma di cometa detta magnetosfera. La modulazione del vento solare produce l’energia necessaria per le variazioni esterne irregolari del campo mentre, l’attrazione gravitazionale e le maree atmosferiche di origine termica, sono le principali responsabili delle variazioni esterne regolari. Per definire l'intensità della variazione si utilizzano gli indici geomagnetici.
Rappresentazione schematica di alcune tra le più importanti variazioni temporali visibili nelle registrazioni dei dati di campo magnetico e generate da sorgenti esterne alla Terra.
Le variazioni regolari
I magnetogrammi di un osservatorio geomagnetico rivelano l’esistenza di una struttura, nell’andamento temporale degli elementi del campo magnetico terrestre, che tende a ripetersi sistematicamente giorno per giorno; tale variazione, nota come "variazione diurna", procede secondo il tempo locale, con forme caratteristiche per ciascun elemento interpretabili come sovrapposizione di onde aventi periodo di parecchie ore, e con un’ampiezza dell’ordine di qualche decina di nT. A volte, la variazione diurna è mascherata da variazioni irregolari che in parte la deformano. La variazione diurna media (calcolata su giorni quieti) viene chiamata Sq (solar quiet, solar indica che essa procede con il tempo locale, quiet che è caratteristica di una situazione di assenza di perturbazioni). L’ampiezza della Sq presenta un andamento stagionale con un massimo e un minimo rispettivamente nell’estate e nell’inverno locali alle alte e medie latitudini, e con un massimo agli equinozi nella zona intertropicale per H e Z. Inoltre l’ampiezza dipende dalla fase del ciclo delle macchie solari.
Un esempio di Sq dei tre elementi magnetici X, Y e Z misurati presso l’osservatorio geomagnetico di L’Aquila.
La variazione diurna è generata da un sistema di correnti elettriche che fluiscono nella ionosfera ad una quota di circa 400 km. Queste correnti, presenti in quella parte della ionosfera illuminata dal Sole, formano due vortici distinti: uno in ciascun emisfero. Vista dal Sole la circolazione delle correnti nei due vortici avviene in versi opposti (verso antiorario nell’emisfero Nord ed orario in quello Sud). I centri di tali vortici si trovano alle latitudini di circa ± 40° e molto vicini al meridiano del Sole.
Rappresentazione schematica dei sistemi di correnti ionosferiche responsabili della variazione diurna.
Dato il verso di percorrenza della corrente nei due vortici, all’altezza dell’equatore si genera un flusso di corrente in direzione ovest-est che prende il nome di elettrogetto equatoriale. Questo flusso di corrente, dell’ordine di 500000 Ampere, può produrre una variazione diurna a Terra dell’ordine di 200 nT.
Le variazioni irregolari
Oltre agli andamenti temporali regolari, su di un magnetogramma, si possono osservare andamenti irregolari tipici di situazioni perturbate. I processi dinamici che avvengono sul Sole finiscono infatti per far arrivare in prossimità della Terra grandi quantità di particelle cariche e campi associati che generano variazioni irregolari del campo magnetico registrato sulla superficie del nostro pianeta.
Tempeste Magnetiche
Studi teorici e sperimentali hanno mostrato che l’aumento dell’intensità della corrente ad anello ha come conseguenza il verificarsi di forti e persistenti disturbi del campo magnetico terrestre che portano ad una diminuzione dell’intensità della componente orizzontale (H) del campo magnetico sulla superficie del pianeta. In questi periodi magneticamente perturbati, definiti come tempeste magnetiche, si manifestano pertanto delle variazioni del campo magnetico osservato in superficie che, pur essendo irregolari, presentano delle caratteristiche sistematiche nel loro andamento temporale.
Il grafico mostra l’andamento tipo della componente orizzontale (H) del campo magnetico terrestre nel corso di una tempesta magnetica registrata presso l’osservatorio geomagnetico di L’Aquila (dal 5/11/2001 al 13/11/2001).
Generalmente, ma non sempre, la tempesta magnetica inizia con un improvviso aumento, detto SSC (da Storm Sudden Commencement), dell’intensità della componente orizzontale H del campo magnetico terrestre. L’SSC, pur essendo un fenomeno planetario può variare in latitudine e tempo locale. Immediatamente dopo l’SSC (entro un’ora) troviamo la fase iniziale della tempesta che ha inizio con un repentino aumento dell’intensità della componente orizzontale H che può, nell’arco di 2-3 minuti, aumentare fino a 30 nT.
In seguito la componente H, pur fluttuando, si mantiene con un valore elevato per alcune ore (da 1 a 10) per poi diminuire bruscamente raggiungendo un valore nettamente inferiore a quello di partenza (la fase principale). Ha inizio, a questo punto, la fase di recupero della tempesta in cui l’intensità della componente orizzontale del campo magnetico aumenta nuovamente, dapprima con un tempo di scala di qualche ora, poi di qualche giorno, fino a raggiungere nuovamente il valore pre-tempesta. Questa evoluzione è definibile su base statistica; esaminando invece le singole tempeste è possibile trovare una notevole varietà di andamenti. Ci sono, infatti, perturbazioni in cui l’andamento di H è strettamente conforme all’andamento descritto così come vi sono perturbazioni in cui non tutte le fasi sono perfettamente individuabili.
È disponibile la registrazione in tempo reale dell’andamento delle componenti del campo geomagnetico registrate presso tre distinti osservatori geomagnetici permanenti (Castello Tesino (TN), L’Aquila e Lampedusa).
Sottotempeste magnetiche
Una sottotempesta è una sequenza ordinata di eventi che si verificano nella magnetosfera e nella ionosfera principalmente quando il campo magnetico interplanetario si orienta verso sud rendendo così possibile l’aumento del quantitativo di energia che fluisce dal vento solare alla magnetosfera.
Sulla Terra l’inizio di una sottotempesta comporta l’intensificazione delle aurore polari essenzialmente nella zona aurorale intorno alla mezzanotte. Gli archi aurorali infatti tendono ad aumentare la propria intensità e ad espandersi fino a coprire gran parte del cielo. In corrispondenza di questi fenomeni si registrano forti disturbi magnetici che possono raggiungere i 1000 nT. Questi disturbi magnetici sono considerevolmente più intensi di quelli comunemente registrati alle basse latitudini dove il verificarsi delle tempeste magnetiche produce disturbi dell’ordine di qualche decina di nT. La differente intensità del disturbo è attribuibile alla diversa distanza dalla Terra delle sorgenti responsabili di tali perturbazioni. La corrente ad anello, responsabile del verificarsi delle tempeste magnetiche, ruota intorno alla Terra ad una distanza pari a qualche decina di migliaia di chilometri mentre le correnti elettriche, associate alle sottotempeste, circolano nella ionosfera ad una quota di circa 130 km.
Configurazione tipica di campo magnetico interplanetario (IMF)che permette il trasferimento di energia dal vento solare alla magnetosfera.
Negli anni sono stati proposti diversi modelli per cercare di descrivere la dinamica della magnetosfera al momento della sottotempesta. Questi modelli, pur diversi tra loro, partono dal fatto che la dinamica della magnetosfera durante lo sviluppo di una sottotempesta sia regolata tanto dai parametri propri del vento solare quanto dal fenomeno della riconnessione magnetica. Il modello che attualmente è maggiormente accettato è il cosiddetto Near Earth Neutral Line model. Secondo questo modello, puramente fenomenologico e sviluppato tenendo conto di numerosi studi condotti sul plasma ed il campo magnetico all’interno della coda geomagnetica, l’evoluzione di una sottotempesta può dividersi in tre fasi. La prima fase detta “fase di crescita” è caratterizzata dall’accumulo di energia proveniente dal vento solare nella coda geomagnetica. Successivamente, l’energia immagazzinata nella coda geomagnetica viene impulsivamente rilasciata in coincidenza del fenomeno di dipolarizzazione del campo dando così origine alla fase iniziale di una sottotempesta. Questa fase, che ha una durata di circa 30-60 minuti, produce una energizzazione delle particelle presenti nel foglio di plasma e la loro iniezione nella parte più interna della magnetosfera. La terza fase è la cosiddetta fase di recupero nel corso della quale la magnetosfera ritorna nella sua configurazione di quiete.
L’immagazzinamento ed il rilascio di energia nella magnetosfera durante una sottotempesta comporta dei cambiamenti nella morfologia delle aurore nonché l’aumento dell’intensità delle correnti che fluiscono nella ionosfera polare. Le sottotempeste avvengono in media sei volte al giorno e comunque avvengono più frequentemente e più intensamente nel corso delle tempeste magnetiche.
Fasi dell’evoluzione delle linee di forza del campo magnetico durante una sottotempesta magnetica.
Particolari indici geomagnetici sono stati introdotti per descrivere l’attività magnetica alle latitudini polari. Questi indici sono gli indici AE.
Baie magnetiche
Tra le più importanti variazioni irregolari registrate essenzialmente presso gli osservatori geomagnetici siti a media latitudine dobbiamo ricordare le baie. Queste variazioni si verificano in preferenza nelle ore serali e notturne con durata compresa tra 1 e 2 ore. Le baie, spesso concomitanti con le tempeste, possono presentarsi anche isolatamente; questo suggerisce che possono essere considerate come tempeste elementari. Dalle osservazioni si è dedotto che le baie sono prodotte da correnti elettriche che scorrono nella ionosfera a latitudini comprese tra 65° e 70° tali correnti vengono generate nella magnetosfera, fluiscono nella ionosfera e ritornano nella magnetosfera seguendo le linee di forza del campo.
Pulsazioni Magnetiche
Le pulsazioni geomagnetiche sono onde magnetoidrodinamiche presenti all’interno della magnetosfera terrestre. Le onde magnetoidrodinamiche possono essere di due tipi: onde magnetosoniche e onde di Alfven. Le onde magnetosoniche si propagano in tutte le direzioni, generando compressioni e rarefazioni del campo magnetico e del plasma; le onde di Alfven si propagano lungo la direzione delle linee di forza del campo magnetico e producono perturbazioni trasversali alle linee del campo. Le onde compressive che si propagano nella magnetosfera, se la loro frequenza è uguale alla frequenza propria della linea di forza, possono eccitare una meccanismo di risonanza. In questo caso lungo le linee di forza, che si comportano come corde con le estremità fisse nella ionosfera, si hanno oscillazioni trasversali stazionarie.
Schematizzazione nel piano meridiano di onde compressive all’interno della magnetosfera e di onde trasversali stazionarie lungo le linee di forza.
Il periodo delle pulsazioni geomagnetiche è compreso tra qualche decimo di secondo e qualche minuto. Come mostrato in tabella, le pulsazioni geomagnetiche, a seconda delle loro proprietà morfologiche, possono essere suddivise in pulsazioni continue (Pc) e pulsazioni irregolari (Pi); all’interno di questi due gruppi esse vengono ulteriormente suddivise a seconda del periodo. Questa classificazione fu introdotta a livello internazionale dalla IAGA (International Association for Geomagnetism and Aeronomy) nel 1964; è però importante sottolineare che i valori dei periodi che delimitano ciascuna categoria di pulsazioni non hanno alcun particolare significato fisico, per cui tale suddivisione può essere considerata per lo più come un utile schema di classificazione.
Classificazione delle pulsazioni geomagnetiche |
|||||
Pulsazioni continue |
Pulsazioni irregolari |
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Notazione |
Periodo(s) |
Frequenza(mHz) |
Notazione |
Periodo(s) |
Frequenza(mHz) |
Pc1 |
0.2 - 5 |
200 - 5000 |
Pi1 |
1 - 40 |
25 - 1000 |
Pc2 |
5 - 10 |
100 - 200 |
Pi2 |
40 - 150 |
7 - 25 |
Pc3 |
10 - 45 |
22 - 100 |
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Pc4 |
45 - 150 |
7 - 22 |
|||
Pc5 |
150 - 600 |
2 - 7 |
A terra l’ampiezza delle pulsazioni varia da qualche decimo di nT fino a qualche centinaio di nT (ossia, al massimo qualche millesimo del campo geomagnetico, la cui l’intensità è di circa 30.000 nT all’equatore e 60.000 nT ai poli) e risulta generalmente crescente all’aumentare del periodo e della latitudine magnetica.
Rappresentazione schematica dello spettro di ampiezza delle pulsazioni geomagnetiche in funzione della loro frequenza. Le ampiezze mostrate sono valori tipici osservati a medie latitudini ed in periodi di moderata attività magnetica.
Le pulsazioni geomagnetiche di bassa frequenza sono di origine esterna, cioè dovute all’interazione del vento solare con la magnetosfera. I principali meccanismi di generazione delle pulsazioni Pc3-Pc5 sono legati al flusso del vento solare, che può innescare delle oscillazioni superficiali sui fianchi della magnetopausa (instabilità di Kelvin-Helmholtz), all’impatto sulla magnetopausa di impulsi di pressione del vento solare, che può generare oscillazioni stazionarie della magnetosfera, oppure alla penetrazione nella magnetosfera di fluttuazioni generate nella regione a monte del fronte d’urto (onde upstream). Infine, l’occorrenza di sottotempeste magnetiche può generare, nell’emisfero notturno, pulsazioni irregolari (Pi2), interpretate ad alta latitudine come onde stazionarie di Alfven, ed a bassa latitudine come modi di oscillazione della cavità plasmasferica.
Le pulsazioni geomagnetiche possono costituire un utile strumento di diagnosi della magnetosfera e della sua interazione con il vento solare.
Le pulsazioni geomagnetiche possono costituire un utile strumento di diagnosi della magnetosfera e della sua interazione con il vento solare. Ad esempio, le pulsazioni Pi2 osservate a bassa latitudine possono essere considerate un indicatore dell’occorrenza di sottotempeste magnetosferiche, lo studio delle pulsazioni Pc3 può dare indicazioni sulla densità di plasma lungo le linee di forza e sulle variazioni temporali della plasmapausa, mentre lo studio delle Pc5 puo’ dare indicazioni sulla dinamica globale della magnetosfera e sulla posizione della cuspide polare.