I fondali marini sono ancora largamente inesplorati. Solo il 15% di essi è stato mappato ad una risoluzione tale da poter dare indicazioni sulla struttura dei fondali. Queste informazioni sono di fondamentale importanza per la ricostruzione della presenza di vulcani e fratture sottomarine per capire la dinamica dei terremoti, ma anche per studiare gli andamenti delle correnti di fondo e la distribuzione dei sedimenti per definire la posizione degli habitat marini più preziosi.
L’uomo non può immergersi a profondità molto elevate senza l’ausilio della tecnologia. Una semplice apnea per bagnanti inesperti può arrivare a 2-5 metri di profondità, sino a 15-18 m per bagnanti più allenati per poi passare ai record di immersione (Herbert Nitsch ha raggiunto la profondità di 111 m con la sola forza muscolare). In tutti gli altri casi l’uomo deve utilizzare un’attrezzatura adeguata (bombole ad aria o a miscele e scafandri), o veicoli che possono essere autonomi, filoguidati od ospitare un pilota.
Tecniche di indagine
Un'altra possibilità è quella di utilizzare tecniche di geofisica marina che consentono, tramite misurazioni a distanza, di valutare la morfologia del fondale marino e le proprietà del sottosuolo. Tale tecnologia consente di poter effettuare analisi del sottosuolo senza effettuare sondaggi o scavi e senza immersioni. Vediamone alcune.
Magnetometria
Il nostro pianeta è avvolto da un campo magnetico, il campo magnetico terrestre. Studiando le anomalie di questo campo si possono ricavare informazioni sul tipo e sulle età delle rocce, ma anche cercare di intuire la struttura interna di un vulcano sottomarino. Per misurare queste anomalie si utilizzano dei magnetometri, strumenti trainati da una nave da ricerca ma che possono essere installati anche su veicoli che vanno in profondità, come ROV e AUV.
Gravimetria
La gravimetria consiste nel misurare le variazioni dell’accelerazione di gravità, un dato legato alla densità delle rocce. I gravimetri ci permettono di misurare piccolissime variazioni del campo gravitazionale utilizzando principi della fisica come il pendolo, la molla o la caduta di corpi.
Video-ispezione
La video-ispezione viene eseguita grazie ai ROV (Remotely Operated Vehicle), robot sottomarini gestiti in controllo remoto. I ROV esistono di tutte le forme e dimensioni secondo l'applicazoine a cui sono destinati. le loro dimensioni variano da quelle equivalenti ad una scatola di scarpe a quelle di una scrivania, ma alcuni sono dei veri e propri giganti di qualche tonnellata. In ogni caso, indipendentemente dalle dimensioni, tutti i ROV hanno una cosa in comune: un cavo, detto ombelicale, che li collega alla stazione di controllo dove è collocato il pilota (o i piloti) che ha il compito di guidare il veicolo. Il cavo è anche il modo migliore per trasmettere dati alla massima velocità. Un ROV, per questo motivo, può trasmettere anche immagini in real-time consentendo di vedere in diretta quello che vede il ROV, permettendo di prendere decisioni sul momento in base a cosa scorre sotto i nostri occhi. E quindi il ROV è il veicolo migliore per 'cercare' o 'fare' qualcosa. Infatti, oltre alle telecamere e alle luci, un ROV può essere equipaggiato con bracci meccanici (manipolatori) in grado di effettuare operazioni come prendere un campione di roccia, recuperare oggetti, avvitare e svitare etc.
Rilevazione batimetrica
Lo studio della morfologia del fondale marino rappresenta forse una delle sfide scientifiche più intriganti della geofisica marina. Come sono fatti gli abissi? Esistono davvero montagne sottomarine alte quanto il Monte Bianco? A queste e tante altre domande si è potuto dare risposta grazie allo sviluppo di una tecnica d’indagine batimetrica che permette di ricostruire la morfologia del fondale marino. La prospezione batimetrica si basa sulla propagazione dell’onda acustica lungo la colonna d’acqua. Oggi giorno l’indagine morfologica viene fatta utilizzando sofisticati echosounder multifascio (Multibeam), installati sullo scafo di navi da ricerca, che emettono onde acustiche ad alta frequenza (centinaia di kHz) in direzione ortogonale alla direzione di navigazione creando una sorta di fascia acustica. Le onde acustiche emesse dallo strumento raggiungono il fondale marino e vengono riflesse dallo stesso. Il multibeam riceve l’onda acustica di ritorno e misura il tempo intercorso dalla fase di emissione alla ricezione. Grazie alla conoscenza della velocità di propagazione dell’onda acustica in acqua è possibile calcolare, punto per punto, la distanza tra il sensore e il fondale marino, ricostruendo così la morfologia del fondale. La tecnica di indagine multibeam permette di investigare velocemente ampi spazi di mare con risoluzioni molto elevate, addirittura centimetriche.