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Gli tsunami in Italia
Anche l’Italia è stata interessata da tsunami: dal 79 d.C. (eruzione Pliniana del Vesuvio) ad oggi sono avvenuti 72 maremoti, la maggior parte di debole intensità, ma alcuni anche distruttivi.
Le coste italiane maggiormente soggette a rischio tsunami sono quelle dello Stretto di Messina, della Sicilia orientale, della Calabria, del Gargano, della Liguria e, in misura minore, quelle delle Marche e della Romagna.
Nelle coste Calabro-Siciliane si sono verificati numerosi maremoti e la maggior parte di quelli più distruttivi. Nel gennaio 1693, a seguito di un fortissimo terremoto, su tutta la costa della Sicilia orientale da Messina a Siracusa si abbatté uno tsunami che inondò parte della città di Catania causando seri danni e che fu particolarmente violento ad Augusta dove ci furono centinaia di vittime e danni ingenti sia alle abitazioni che alle imbarcazioni. L’acqua superò di circa 15 metri il suo limite usuale.
Nel 1783-1784, durante una forte crisi sismica durata oltre un anno, le coste calabresi tirreniche furono interessate da 9 eventi di tsunami seguiti ad alcune delle più forti scosse. Di questi uno è stato il più disastroso, accaduto il 6 febbraio 1783: il terremoto ha provocato il distacco di una grossa parte di una montagna a ridosso di Scilla che è caduta in mare generando un forte maremoto con onde fino a 9 metri sulla spiaggia di Scilla e causando oltre 1500 vittime.
Anche il maremoto italiano più distruttivo e conosciuto è avvenuto nell’area Calabro-Siciliana, a seguito del terremoto di Messina nel dicembre 1908. Il terremoto distrusse quasi totalmente le città di Messina e Reggio Calabria e molti altri villaggi vicini ed un violento tsunami seguì la scossa principale causando ingenti danni e migliaia di vittime, con onde che si propagarono fino a Malta e raggiunsero i 13 m di altezza sulle coste calabre, a Pellaro e 11,70 m a S. Alessio sulle coste siciliane.
Nelle coste dell’Adriatico l’evento più rilevante è accaduto nel luglio del 1627 a seguito di un forte terremoto avvenuto in Puglia: lo tsunami che seguì causò il prosciugamento totale del Lago di Lesina, l’inondazione di un lungo tratto di costa nel Gargano e a Manfredonia le onde raggiunsero i 2,5 metri. Altri maremoti piuttosto significativi si sono verificati nelle coste della Romagna e delle Marche: nel marzo del 1875 uno tsunami provocò inondazioni a Rimini, Cervia, Cesenatico, Pesaro e Ancona e nell’ottobre del 1930 onde di tsunami crearono danni alle imbarcazioni ad Ancona.
La Liguria è la regione italiana che ha avuto il maggior numero di maremoti, quasi tutti di debole intensità e con scarsi effetti, ad eccezione di quello del 1887, che causò un forte ritiro e una successiva inondazione in tutte le località della riviera ligure di ponente, con effetti fino a Genova e Nizza.
Maremoti legati all’attività vulcanica sono avvenuti nella zona Flegrea (Vesuvio) e nelle Isole Eolie e proprio alle Eolie si è verificato il più distruttivo, quello di Stromboli del dicembre 2002, generato da frane di materiale vulcanico nell’area della Sciara del Fuoco (fianco NW del vulcano). Le onde, che hanno raggiunto gli 11 metri, hanno investito in pochissimi minuti le coste dell’isola di Stromboli causando la distruzione di molti manufatti costieri e il grave danneggiamento di qualche abitazione nella costa nord orientale. Lo tsunami si è propagato a tutte le Eolie ed ha raggiunto le coste nord della Sicilia, l’isola di Ustica e deboli effetti sono stati osservati nelle coste della Campania.
In occasione di questo evento un team di esperti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha effettuato una campagna di osservazioni e misure post-evento su tutte le coste investite dallo tsunami per ottenere dati necessari per la realizzazione di modelli di propagazione e di mappe di pericolosità.
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